Elenco parziale altri volumi dedicati al folclore romagnolo, ai suoi protagonisti e al ballo popolare in Romagna.
Franco Dell’Amore, “Taca, Zaclèn!”. Le origini del ballo popolare in Romagna (1870-1915) nel repertorio di Carlo Brighi detto Zaclèn, Arnoldo Forni Editore, 1990. Sullo sfondo della Romagna musicale della seconda metà dell’Ottocento Franco Dell’Amore inserisce la vicenda umana e professionale di Carlo Brighi detto Zaclèn, musicista presumibilmente autodidatta, compositore e violinista, direttore di una delle più famose orchestre da ballo locali dell’epoca. La disamina del materiale in gran parte manoscritto conservato nel Fondo Carlo Brighi della Biblioteca Comunale di Forlì (21 raccolte di parti musicali per un totale di 831 composizioni) permette all’Autore di tracciare nelle linee fondamentali il repertorio, esemplificativo del sostrato folcloristico romagnolo, rappresentato da manfrine e saltarelli, e dell’apporto dei nuovi balli di coppia provenienti da Vienna. Rilevante attenzione è dedicata poi sia al ruolo svolto dalle Scuole Musicali Comunali che all’ancor perdurante influsso dei suonatori ambulanti e tradizionali e all’accresciuta possibilità di occasioni pubbliche di ballo. Da questo quadro emerge una realtà musicale molto viva ed eterogenea, “tipica” della Romagna e tuttora validamente operante, che si riassume in modo efficace nell’imperioso invito, rivolto dal pubblico romagnolo al proprio interprete preferito, ad “attaccare” a suonare: “Taca Zaclèn!”
Leandro Castellani, Lo Strauss della Romagna. Le avventure di Secondo Casadei, Camunia, 1989. Ricostruendo la storia di Secondo Casadei (1906-1971), lo Strauss della Romagna, Leandro Castellani ha scritto un’avvincente narrazione che è insieme biografia e quadro d’epoca. Castellani ripercorre l’avventuroso itinerario di Casadei, il re delle balere romagnole e il padre del nuovo folk postbellico, descrivendo la sua infanzia di apprendista sarto, la sua carriera di violinista e il suo successo come direttore/organizzatore di una grande orchestra-spettacolo. L’epopea affabile ed estrosa di Casadei viene inquadrata da Castellani negli anni del socialismo libertario romagnolo del primo dopoguerra, nel ventennio fascista e nel secondo dopoguerra col suo montante boom economico, ricavandone, grazie anche ad una serie di appassionate e gustose testimonianze, un vivace racconto sul costume italiano della prima metà del secolo.
Gianni Siroli, Dizionario delle orchestre romagnole. 100 anni di musica da ballo in Romagna, Walberti, 2006. “Questo dizionario è il frutto di tre anni di lavoro e di una passione per il mondo dello spettacolo che dura da una vita. A volte per gioco fra amici ci si chiedeva quante potevano essere state le orchestre in Romagna. Cominciava così la conta con un risultato sempre deluso dalla memoria che non superava i cinquanta nomi. In questo dizionario ne ho censito 750 fra orchestre e complessi, ma il numero è certamente superiore. Avrei dovuto iniziare questa ricerca anni prima, quando molti testimoni importanti erano ancora viventi e i protagonisti avevano ricordi più vicini. Non è stato certo un impegno facile ricostruire le loro storie oggi, tanto che se dovessi ricominciare non saprei da dove partire. Infatti rara è al BIBLIOGRAFIA che tratta l’argomento, gli articoli pubblicati dalla stampa esaltano momenti delle orchestre, ma pochi aiutano a ritrovarne le origini, i protagonisti spesso dimenticano un passato irrecuperabile e qualche volta vecchi rancori assopiti lasciano il posto a vuoti di memoria. È stato difficile quindi ottenere nomi, cognomi, strumenti musicali suonati, date e altro. È servita molta pazienza per mettere a confronto le informazioni ricevute e trarre notizie attendibili, considerando che i cambi sono stati frequenti, che spesso alcuni elementi hanno fatto parte di un’orchestra anche solo per una sostituzione o addirittura hanno suonato un solo brano in occasione di una serata, affermando però ancora oggi: “…io ho suonato con l’orchestra di…”. Spesso i nomi dei musicisti sono stati confusi o dimenticati, altre volte gli stessi capi orchestra non solo non ricordano la loro produzione discografica, ma neppure conservano una copia dei loro dischi. Per me è una grande soddisfazione aver dato alla stampa quest’opera nuova per l’editoria locale, con la promessa di continuare le ricerche e in una seconda edizione correggere i possibili errori aggiungendo le eventuali mancanze. Ma lo scopo principale di questo dizionario vuole essere soprattutto una sincera dimostrazione di stima e di affetto nei confronti dei veri protagonisti del mondo della musica da ballo, perchè quello “de sunadòr” è un lavoro importante e difficile, che non merita di essere dimenticato” (Gianni Siroli).
Mario Foschi, Taca Zaclòin. Un “paperino” all’inizio del liscio romagnolo, Tipografia Garattoni, 2002. C’è un “paperino” all’origine del liscio romagnolo. Il precursore di valzer, polke e mazurche, si chiama Carlo Brighi, Zoclòin appunto, anatroccolo, così soprannominato per la sua grande passione per la caccia alle anatre. Eccezionale suonatore di violino, autore di 1200 ballabili e di centinaia di partiture, primo violino al Bonci di Cesena a membro dell’orchestra diretta da Toscanini, Brighi può essere considerato l’antesignano di quel genere che ha fatto fortuna a partire da Secondo Casadei. La sua storia, che si intreccia intimamente con quella di Bellaria Igea Marina, è stata scandagliata in lungo e in largo dal lavoro di ricerca serio e approfondito compiuto da Mario Foschi. Questo libro permette di entrare nell’atmosfera di un paese e di un’epoca, descritti secondo passioni, storie e valori che a noi, figli di Internet e del “grande fratello”, appaiono ormai lontani anni luce, anche se la distanza cronologica non è abissale. Il “Capannone Brighi”, una sorta di ca’ di liscio ante litteram, che richiamò a Bellaria gli amanti del ballo da tutta la Romagna, nasce agli inizi del ‘900 e dà il via ad un impressionante fiorire di iniziative legate alla musica. Questo lavoro di Mario Foschi traccia per la prima volta una “storia della musica” bellariese intesa in senso lato, mettendo una dopo l’altra le figure dei protagonisti (oltre a Brighi, troviamo Andrea Legni e tante orchestrine e personaggi “minori”, anche se soprattutto dal punto di vista della notorietà), dei locali “cult” e dei vari veglioni, feste e festicciole che hanno popolato quasi un secolo di storia. Di un paese, insomma, che è cresciuto a pane e valzer. Si rimarrà colpiti dal leggere il lungo elenco di locali, osterie, sale danzanti, nate a Bellaria fra la fine dell’800 e gli anni ’70. Dal libro emerge anche un’altra storia: la musica sembra essere riuscita ad unire una generazione e a superare la divisione fra estate e inverno, rappresentando un antidodo a quel letargo invernale della città che oggi ha preso il sopravvento. Perché è vero che le balere davano il meglio nel periodo estivo ed avevano quindi una funzione di intrattenimento e di “promozione” della Bellaria turistica, ma è altrettanto vero che il ballo ha costituito un’occasione di incontro e di socializzazione (oltre che di “alleggerimento” di un’esistenza molto più dura di quella odierna) che anche nella stagione fredda non chiudeva i battenti.
Gianfranco Miro Gori, Guida alla Romagna di Secondo Casadei, Panozzo Editore, 2002. In principio era Zaclèn. Col suo poderoso violino inventò la musica popolare romagnola. Poi venne Secondo Casadei. Musicista, compositore, capo-orchestra, impresario portò a compimento l’opera di Zaclèn. Stabilì una tradizione. E la diffuse in Italia e nel mondo. Romagna mia, la sua canzone più famosa, rappresenta il perfetto connubio tra un uomo e la sua terra. La Romagna appunto. Dove si ballava il valzer al ritmo frenetico dei violini nella polvere delle aie e dei cameroni. La regione delle case del popolo e delle cameracce repubblicane. Un “pianeta” un po’ vero e un po’ “inventato dai suoi abitanti”. Consacrato alla religione dell’ospitalità e della politica. La Romagna popolare che, investita dal boom economico, ha fondato l’impero delle vacanze e del divertimento. E s’è scelta come simbolo il suo più famoso e feroce brigante: il Passatore. Questa guida racconta la Romagna di Secondo Casadei. Ma anche di Pascoli e Mussolini. Fellini e Guerra. Di sublimi poeti in versi, in immagini e in musica. Di cinici politicanti. E di oscuri popolani (braccianti, mezzadri, carrettieri, artigiani…). Che si batterono nelle fila delle prime grandi organizzazioni di massa. E ballarono il valzer con Zaclèn e Casadei. Ma non solo. Rivela anche in quali luoghi si può ritrovare, oggi, quella Romagna: la Romagna di una volta.
Emilio Vita (a cura di), Scusi, permette un ballo?, Edizioni Essegi, 1994. La musica e il ballo sono due tratti che caratterizzano ogni popolo, rendendolo unico e diverso, ma al tempo stesso, sono i linguaggi universali per eccellenza. Ritmo, melodia, suono non necessitano di traduzione come invece le parole del linguaggio verbale. Questa universalità fa sì che il ballo sia un facile collegamento tra i popoli, un buon mezzo per comunicare e conoscersi. Scusi permette un ballo? È strutturato in tre parti: nella prima affrontiamo la storia del ballo a livello antropologico, demologico e storico; nella seconda balliamo con nove regioni d’Italia testimoniando più o meno scientificamente i balli popolari delle varie zone; nel terzo prendiamo atto e documentiamo come il ballo da funzione magico-rituale si sia trasformato in attività sportiva. Il mondo del ballo sportivo è oggi organizzato su due distinti livelli con gestioni operative autonome. Amatoriale mediante una decina di federazioni che svolgono la loro attività attraverso centinaia di circoli. È qui che si inseriscono la CISBA, l’ASIBA, la CISB e la FIDAS. L’ANMB (Associazione Nazionale Maestri di Ballo) è invece l’associazione che tutela in maniera professionale il ballo sportivo. In conclusione quindi al di là del discorso musicologico l’intento della presente ricerca era e rimane, quello di sviluppare uno studio sul ballo popolare come fenomeno culturale che richiama l’attenzione delle discipline proprie delle scienze sociali e sportive.
Altea Laura Donini, Una notte fra gli alberi. Il ballo popolare nella Romagna dell’Urgón Rubicone, Il Ponte Vecchio, 2002. Altea Laura Donini ricostruisce l’ambiente e la storia di “Una notte fra gli alberi”, il veglione che nel dopoguerra si organizzò per anni a Calisese e che costituì uno dei momenti memorabili del ballo popolare. E attraverso la memoria di quell’appuntamento -per il quale convoca testimoni e ricordi- offre un documento divertente e coinvolgente della cultura e del costume della Romagna di quel tempo.
Anna Tonelli (a cura di), Ballo e balli. La Romagna fra danza di corte e il ballo popolare, in Romagna Arte e Storia, anno 2005, n. 75, settembre-dicembre 2005. Contiene:
– Anna Tonelli, Il ballo fra storia e storiografia
– Elisa Tosi Brandi, Feste e balli a Rimini fra Medioevo e prima Età Moderna
– Sergio Monaldini, La danza teatrale tra XVI e XVII secolo
– Pier Giorgio Pasini, In ricordo del ballo angelico
– Ferruccio Farina, Danze e vacanze nella riviera di Rimini, 1873-1947
– Paolo Sobrero, Il profumo del sudore. Il ballo popolare in Romagna nello scenario di un secolo, 1850-1950
– Franco Dell’Amore, Liscio o jazz. L’influenza dell’America sulla musica da ballo romagnola
Luca Nemi, L’azienda “liscio”: giri di valzer, di mazurke, di miliardi, in Romagna. Vicende e protagonisti, vol. terzo, Edizioni Edison, 1988.
Claudio Santini, Secondo Casadei, in I grandi di Romagna. Repertorio alfabetico dei romagnoli illustri dall’unità d’Italia ad oggi, Poligrafici Editoriale, 1990.
Riccardo Chiesa, Con Secondo Casadei la Romagna canta, in Rubiconia Acaademia dei Filopatridi, Quaderno XVIII – 1996, p. 55-67.