Il Diario è un racconto di vita scritto da Secondo Casadei che va dall’anno di nascita (1906) al 1938, l’anno corrispondente all’apice della sua affermazione musicale che potremmo definire giovanile, antecedente alla pausa lacerante e forzata della guerra, che segna una demarcazione significativa, di carriera e di esistenza, rispetto al periodo che ne consacrerà la ripresa e il successo oltre i confini regionali dall’immediato dopoguerra alla scomparsa, nel 1971. Sono 78 pagine scritte in un quaderno di scuola con la spirale in una grafia regolare e pulita ma non premeditata, come si evince da correzioni, cancellature, qualche parola in margine sacrificata nello spazio della riga, pensato e redatto nel periodo di inattività poco precedente la sua scomparsa. Il Diario è rimasto sinora inedito e viene pubblicato nella sua integrità e nella fedeltà al manoscritto originale. Nel tempo vi hanno attinto i familiari, biografi, giornalisti, divulgatori, oltre all’ampio entourage di seguaci, musicisti, ballerini, cultori, estimatori, appassionati, al punto che molti brani e passaggi hanno contribuito a costruire e sedimentare una sorta di biografia condivisa e collettiva che si è codificata e tramandata -per lo più oralmente- proseguendo l’elaborazione del diario interrotto attraverso la memoria e i racconti del lungo periodo della guerra, di quello della faticosa ricostruzione, della crescente ascesa che da Romagna mia in avanti vede l’incalzante successo della musica di Secondo Casadei, di pari passo con la rapida trasformazione sociale ed economica dall’Italia contadina a quella del boom industriale. E’ così che questo Diario gelosamente e amorevolmente custodito dalla figlia Riccarda e dalla famiglia si è predisposto a diventare una storia paradigmatica, esemplare ed emblematica, di una vocazione perseguita a tutti i costi, di un destino tracciato e assecondato, la parabola di un successo divenuto riscatto e affermazione di una terra, la Romagna, e interprete della sua gente.
Come ci racconta lui stesso Secondo nasce nella frazione di un piccolo paese corrispondente all’ombelico della Romagna. In Romagna Casadei è un cognome comune e diffuso, il nome di battesimo è Aurelio, come quello del console e dell’imperatore romano, coerentemente all’abitudine romagnola di scegliere, specie in ambito contadino, di attribuire ai figli nomi mitologici, di eroi e condottieri del mondo classico. In Amarcord di Fellini Aurelio è anche il nome del padre del protagonista Titta, un capomastro dal temperamento e dalle prerogative romagnole: onesto, generoso, lavoratore, anticlericale, antifascista, anarchico, dall’indole sanguigna, generosa e impulsiva. A suo doveroso completamento, l’altra faccia della medaglia del carattere romagnolo è incarnata dallo zio Pataca, indolente, parassita, fedifrago, il vitellone di famiglia. Secondo è incline all’ottimismo, all’ostinazione, ad una ambizione che non è mai prevaricazione e tracotanza ma piuttosto caparbietà e rigore nel perseguire la propria vocazione, che si riverbera in seguito nella guida dei suoi orchestrali, a cui chiederà sempre il meglio e il massimo, nella professionalità, nel comportamento, nel modo di atteggiarsi e di presentarsi al pubblico.