Il 1922 è l’anno della marcia su Roma, che cambierà le sorti d’Italia, piegando comportamenti e consuetudini all’ideologia e alla morale del fascismo, non indulgente nei confronti della musica e del ballo di coppia. Ma in Romagna si continua a far musica e a ballare, il violino di Secondo Casadei risuona nelle serenate notturne sotto le finestre delle giovani donne, nelle stalle contadine, nelle sale da cinema, che stavano diffondendosi un po’ dovunque, accompagnando le pellicole mute. E’ proprio nei primi anni Venti l’ingresso nell’orchestra di Arturo Fracassi, composta da sei validi musicisti, e subito dopo nella più famosa formazione di Romagna, quella di Emilio Brighi, con cui debutta in un locale di San Martino di Villafranca, vicino a Forlì, alternando per i successivi quattro anni la collaborazione con Brighi all’attività di una propria orchestrina. Sul finire degli anni Venti l’abbandono dell’orchestra di Brighi e il debutto con una nuova formazione, con cui si esibisce nell’estate all’Albergo “Rubicone” di Gatteo Mare, inaugurata lo stesso anno come località turistica. Con la prima canzone, Nuvolari, si propone a Case Finali di Cesena, considerata all’epoca per le locali orchestre di ballabili come La Scala di Milano. Gli anni Trenta si aprono con la vittoria conseguita sulla reputata orchestra di Emilio Brighi nella sfida fra orchestre alla Fratta di Bertinoro, che, apre a Casadei le porte dell’intera Romagna, inaugurando un decennio di formidabili successi: la meritata vittoria della Fratta, tanto più importante in quanto Mussolini voleva farne una stazione termale di prestigio, segna il rincorrersi di un successo dietro l’altro, degli inviti a suonare nei migliori locali di Romagna, nei circoli cittadini più esclusivi, che avevano nel cesenate e nel forlivese la tradizione, la concentrazione, la distinzione più alta: la “Sala Mangelli”, il “Club del Motore”, il “Circolo Democratico”, per citare solo qualcuno dei più rinomati. Si esibisce persino nella villa dei Marchesi Guidi di Bagno, la splendida residenza neopalladiana di Savignano sul Rubicone dove spesso era ospite il duce del fascismo, al cospetto dei più influenti gerarchi del tempo. Del resto Benito Mussolini, ballerino istintivo e abile per i suoi trascorsi, non disdegnava né rinnegava questa sua passione giovanile. Durante la bella stagione non era infrequente attrezzare piste da ballo attigue a spacci alimentari e osterie, che la sera si accendevano di lampadine colorate. Una di queste era la rinomata osteria “da Ganghèn”, sulla via Emilia, poco fuori l’abitato di Savignano, dove una sera d’estate del 1930 si era fermata una elegante auto nera da cui era sceso Benito Mussolini, in abito bianco con i bottoni dorati, dirigendosi verso la pista da ballo. Si era trattenuto in conversazione accettando l’offerta di ciambella e albana fresca ma declinando l’invito ad un giro di danza rivoltogli da una giovane donna. Di quella fermata a sorpresa si era poi parlato per giorni e naturalmente si era sparsa la voce che il duce “aveva ballato un vertiginoso valzer romagnolo” con una bella savignanese (7).
Da Sant’Angelo di Gatteo, San Mauro Pascoli, Fiumicino, Gambettola, Sala di Cesenatico, Savignano di Romagna, l’orchestra sconfina in altri territori romagnoli: La Pioppa di Cesena, Gattolino, Calabrina, Calabria, Pisignano, Macerone, tutte piccole frazioni e borgate rinomate per la frequentazione delle sale da ballo, la cui importanza non era per Casadei secondaria rispetto a quella dei circoli e dei locali più eleganti; anzi, quando poi il successo degli anni Sessanta lo porterà a dovervi rinunciare rimpiangerà di trascurare proprio quegli ambienti più popolari che avevano accompagnato tanta parte della sua vita. Questo atteggiamento, ispirato da una inclinazione sincera, rappresenta uno dei tratti più identificativi del temperamento di Casadei e una delle prevalenti ragioni della sua popolarità: il successo non gli aveva dato alla testa, non aveva creato discriminanti di preferenze, di ambienti e di pubblico. Di pari passo vanno l’inesausta curiosità e l’incessante ricerca di innovazione, di cui gli anni Trenta offrono al giovane maestro un trampolino ideale. Già dalla metà degli anni Venti, quando suonava nell’orchestra di Emilio Brighi, Secondo guardava e presagiva il futuro: “La sera ogni tanto mi recavo sulle spiagge dove veniva lanciata questa prima novità, e incominciai a vedere la prima batteria, il primo saxofono, con delle belle divise, anche come prima novità il cantante che si esibiva cantando in un imbuto di cartone non essendoci ancora i microfoni” (8). Così era arrivata la formazione tutta sua con la batteria, il saxofono, il cantante, le divise, le presentazioni e il dialogo con il pubblico, le prime esibizioni in riviera e, immediatamente dopo, la novità della canzone, in italiano e in dialetto, le incisioni e il successo dei dischi, con la Fonit, poi con la Odeon e La Voce del Padrone.