Ancora non si è compreso e riflettuto abbastanza su quanto la musica da ballo sia un elemento identitario della tradizione popolare romagnola. Una tradizione recente, se paragonata a quella di altre regioni italiane, ma impostasi rapidamente, prepotentemente, impetuosamente, com’è nel temperamento romagnolo. Non solo, talmente prepotentemente da essersi da subito coniugata con gli aspetti commerciali e produttivi connessi al fitto e variegato tessuto ludico e aggregativo e da essere in seguito esportata come modello e prodotto del divertimento e del ballo di massa. Non esistono né sussistono tradizioni di ballo popolare etnico-regionale che possano paragonarsi a quella del ‘liscio’ romagnolo, in quanto o sono o rimaste a identificare etnie chiuse e cristallizzate, mondi popolari resistenti e ancorati alla conservazione delle proprie tradizioni; oppure si sono progressivamente esaurite perdendo la loro funzionalità e corrispondenza rispetto alle situazioni ambientali e sociali che ne avevano costituito le premesse di nascita e di sviluppo; oppure, ancora, si sono innestate su di un retaggio in estinzione, investendo sull’impatto culturale ed emotivo di una eredità storica, di una carica simbolica e di un patrimonio antropologico dal valore emblematico come quello, per esempio, del tarantismo pugliese e della pizzica. La musica da ballo romagnola non ha alle spalle la tradizione di una etnia compatta come quella del Salento, che addirittura nei paesi della Grecia salentina ha conservato l’antico dialetto griko (retaggio della Magna Grecia), scandagliata a livelli di eccellenza dalle campagne antropologiche di un Ernesto De Martino, documentata nelle pubblicazioni esemplari sulla terra del rimorso, il mondo magico, tracce ancestrali di un lembo d’Italia, seppur affacciato su un incrocio di terre e di mari, dimenticato, sconosciuto, lontano dai fermenti di modernizzazione che investivano la pur modesta Romagna, terra dalla identità e dai confini imprecisi, priva di appartenenze altrettanto stratificate e remote. Non appaia questo confronto fuorviante e inopportuno, in quanto esiste un parallelismo significativo tra i due fenomeni, seppure estremamente diversi come genere, origine, evoluzione, contesto; quello della musica da ballo romagnola si afferma dalla seconda metà dell’ottocento divenendo negli anni settanta del novecento prodotto di esportazione con il liscio nazionale di Raoul Casadei, mentre la vasta popolarità della pizzica salentina è evento recente, riguarda prevalentemente le fasce giovanili; come la Romagna ha esportato, insieme alla musica e al ballo, una parte sostanziale del territorio regionale e della sua identità, con produzioni culturali di distinzione in ambito musicale, cinematografico, editoriale, investendo in qualità e guardando al futuro. Gli stereotipi e i luoghi comuni che la Romagna ha enfatizzato a suo tempo insieme al liscio anni settanta non corrispondono alla complessità di valori di una Romagna divenuta protagonista in un periodo preciso e recente della storia d’Italia, coincidente con i fermenti pre e post risorgimentali, quelli che ne hanno fatto un emblema della lotte rivoluzionarie, delle battaglie politiche, di una sinistra estrema e legittimata, del sovversivismo e della innovazione. Tanto da assurgere alla ribalta come un caso nazionale, parallelamente al delinearsi dell’imponente fenomeno di costume che ha rappresentato l’evoluzione e lo sviluppo del ballo di coppia in Europa, fra restaurazioni, nazionalismi, conquiste liberali e democratiche, ascese e declini di ceti sociali. Anche se di tradizione recente si tratta si pensi, a fronte di altri territori italiani che pure l’hanno conosciuta e condivisa, a quale sorta di “civiltà del ballo” abbia dato luogo la Romagna e a quale ritualità composita fatta di occasioni e ricorrenze calendariali (veglie, veglioni, feste, fiere, sagre), intrecciate con consuetudini alimentari, comportamenti sessuali, aspetti del loisir e alla stessa complessità del ballo, adesso regolamentato come disciplina sportiva, ma nel tempo sempre comunque legato alla abilità, al virtuosismo, alle vocazioni fisiche e creative dei ballerini.
La Romagna protagonista nello scenario sociale e politico del Risorgimento e dell’Unità d’Italia, la Romagna considerata dal governo liberale italiano anomala e sovversiva, la Romagna impetuosa, anarchica, tumultuosa, è anche la Romagna che unisce le sue inclinazioni, le sue scelte, i suoi mutamenti con la passione travolgente per il ballo di coppia, che invade e accompagna le rinnovate e moltiplicate occasioni di socialità mondana, ricreativa, associativa, politica.