È un giorno non precisato di quel 1954 che Secondo va a casa di suo cognato Emilio per fargli ascoltare un pezzo. E subito dopo un altro. Aveva l’abitudine di consultare gli amici prima di decidere cosa incidere o eseguire. Emilio, senza esitare, gli dice che preferisce il secondo. Lui gli dà ragione. Sceglie il brano che al cognato pareva più bello. Si trattava di “Romagna mia”.
Così, a detta del cognato di Casadei, marito di sua sorella Angela o più affettuosamente Angelina, nacque quella famosa e fortunata canzone. Diversa. Più dettagliata e narrativa, la versione del nipote Raoul. Confermata dalla figlia Riccarda.
Fu una canzone che scrisse interamente lui, melodia e parole, senza collaboratori. Doveva entrare in sala d’incisione per fare un disco. Ma invece dei tradizionali dodici brani richiesti, ne aveva portato un altro di scorta, che aveva lì da qualche anno e si chiamava “Casetta mia”; lo aveva dedicato alla sua casa di Gatteo Mare. Un brano che teneva in panchina perché non ci credeva molto. Guarda i casi della vita! Quella volta va a ammalarsi un elemento dell’orchestra che doveva sostenere l’assolo in un brano da incidere, e allora mia zio dovette tirar fuori “Casetta mia”.
Il maestro Dino Olivieri – quello di “Tornerai” – che era un dirigente della casa discografica, “La voce del Padrone” di Milano, gli dice: “Casadei, perché “Casetta mia”? Lei è un romagnolo purosangue, la chiami “Romagna mia””. Mio zio rimase folgorato: cambiò lì per lì qualche parola, in sala d’incisione, e nacque il pezzo.
IL SUCCESSO DI ROMAGNA MIA
Spiegare il successo di “Romagna mia” presso i romagnoli non è difficile. Anzitutto parla di loro. La mamma. La morosa. Ma soprattutto parla al loro lato triste e introverso. Che è il perfetto corrispettivo di una “natura” socievole e festaiola. E lo fa attraverso un particolare sentimento che è citato nella prima strofa della canzone: la nostalgia. Una parola di origine colta che però è d’uso diffuso e comune. Tutti ne conosciamo, a un dipresso, il senso: dolore per il ritorno: per il desiderio di ritornare. La Romagna è stata, fino a non troppi lustri fa, una regione di poveracci e di emigranti. Al sud e al nord… E per un romagnolo, dato il suo attacamento alle radici, emigrare è un’autentica tragedia.
Più difficile, semmai, sarà interpretare il successo universale di una canzone così “provinciale”. “Romagna mia” ha le carte in regola per diventare un successo. Ma deve trovare un habitat adeguato. Un trampolino di lancio. Dei mezzi di diffusione. “Pensavo che fosse una canzone come tante altre” racconta Secondo, “invece mi ha fatto conoscere non solo in Emilia e Romagna, ma in quasi tutta Italia e molto all’estero, grazie ai turisti che durante l’estate affollano le nostre spiagge e agli emigrati che si portavano questo disco oltre frontiera come ricordo”.
Sono i turisti i primi messaggeri di “Romagna mia”. Sono loro che la portano in giro per il mondo. Ne parlano. La ascoltano. La fanno ascoltare. E intanto la nostalgia lavora. Ma non basta il passaparola per costruire un successo internazionale. Ci vuole altro. Il primo viatico, dice Casadei, furono i dischi. Quindi il juke-box. Ma tutto questo ancora non bastava per la consacrazione definitiva. Occorreva la radio. Fu Radio Capodistria, che mandava in onda un programma di musica a richiesta, “Musica per voi”, che lanciò “Romagna mia”. La canzone comincia a girovagare per il mondo. Dalla Francia alla Germania. Dalla Russia al Giappone… Viene incisa da molti prestigiosi cantanti quali: Claudio Villa, Narciso Parigi, Giorgio Consolini… Interpretata da: Francesco Guccini, Gigi Proietti, Spagna, I nomadi, Jovanotti (versione rap), Fiorello e Renzo Arbore nei loro popolari programmi, Gloria Gaynor… Cantata in privato da Pavarotti e dal Papa che sostituirebbe Romagna con Polonia. Venduta in milioni di copie e “non passa giorno” che bande e orchestre non ne richiedano gli spartiti.
Un palmarès sontuoso riassunto per sommi capi. Un successo mondiale. Un monumento della musica. E della Romagna. Da parte di un musicista che coltivava un’aspirazione somma: far ballare la gente.
COSA DICONO I PERSONAGGI FAMOSI
Da piccolo pensavo sempre che da grande volevo… vivere… essere… fare..con la mia arte… come spesso succede, ostacolato dalla vita quotidiana, vedevo la cosa come un’otopia. Ho formato vari gruppi e partecipato, anche da solo a vari concorsi sempre cercando di portare le mie espressioni, che spaziano prevalentemente attorno al jazz, blues, soul, latino, ecc. ecc. […] Poi un giorno ha voluto affrontare l’esperienza della musica folk e ho scoperto che con l’arte, non solo potevo essere retribuito, ma avevo una ricchezza enorme… quella dell’apertura mentale… da quel momento ho capito che se la musica è musica fa sempre il suo lavoro, a prescindere da qualsiasi genere, e “Romagna mia” è musica, è una canzone che fa cantare, ballare, sorridere l’anima a qualsiasi persona, di ogni età, religione, provenienza, cultura o ceto sociale. […] ringrazio di cuore anche Secondo Casadei perché con la sua “Romagna mia” contribuisce alla mia crescita umana.
PAOLO BELLI
“Romagna mia” è una canzone bellissima da cantare, rispecchia il calore della Romagna. L’ho inserita nel mio primo disco di folclore nel 1972 e da allora l’ho sempre cantata, perché mi dà una grande gioia, soprattutto quando sono un po’ triste mi aiuta moltissimo a tirarmi su e a vedere la vita di nuovo in positivo.
ORIETTA BERTI
“Romagna mia” mi fa pensare subito a mia moglie, che mi manca molto, e provo una grande nostalgia.
ENZO BIAGI
“Romagna mia” è uno dei motivi caratterizzanti del nostro Paese. È uno di quei brani che hanno lasciato una traccia, un solco importante, per un terra così “saporita” come la Romagna, cui sono molto affezionato e che trovo giustamente cantata in questa canzone.
PAOLO BONOLIS
Il romagnolo è uno semplice, qualcheduno direbbe un pataca, composto con un mischione variegato di malinconia e contentezza. La malinconia è quella roba che ti prende nel mastigotto. uguale a quell’accordo in RE minore, semplice, che attacca la strofa di “Romagna mia”. Semplice come la contentezza di quando poi dopo il ritornello passa in RE maggiore. Perché la vita c’è. E per fortuna, la mamma dei pataca è sempre incinta.
PAOLO CEVOLI
È vero che l’inverno porta tristezza e malinconia. Me ne sono accorto più chiaramente quando Bologna ha iniziato a russare nelle notti di dicembre. E per me dormire con qualcuno che mi russa di fianco è quasi impossibile. Allora prendere la macchina, la chitarra e qualche sigaretta amica è l’unica soluzione per i nottambuli, per chi come me ha fiuto nel riconoscere quando l’aria di un posto diventa irrespirabile, quando manca qualcosa di indispensabilealla vita, la libertà. Se è vero che l’unica libertà che possediamo sembra essere quella di spendere, di entrare a far parte di quella macchina infernale chiamata società moderna occidentale, la Romagna per me è sempre stata la via di fuga da tutto questo, la porta nascosta per il Paradiso, una specie di enorme e sempreverde pineta magica, vagamente simile al “Paese dei Balocchi” di Pinocchio. Da bolognese doc quale sono, sono conscio della goliardica rivalità senza tempo che esiste tra la piadina e le crescentine, la grigliata di pesce ed il bollito, tra i cappelletti ed i tortellini. Ma probabilmente è vero che senza gli uni, non esisterebbero gli altri. La Romagna è diventata anche “mia” in quei giorni di dicembre quando ogni metro verso il “Mare” era per me un respiro di sincero ossigeno. Accorgersi che i romagnoli hanno un’interminabile voglia di socializzare, di divertirsi, di gioire, è la scoperta più dolce nel passare del tempo dalle loro parti. A me pare che i romagnoli siano “eterni bambini” ai quali è stato dato in dono una vallata ricca di sapori e le colline più dolci dell’Italia intera. E su questa terra l’infaticabile romagnolo ha portato la sua gioia di vivere, di lavorare, di creare… e di procreare! Le fanciulle cresciute tra quei colori e quella semplicità sono belle come il sole, camminano fiere e fanno in fretta a farti girare la testa, più in fretta del Sangiovese! E quindi non è per nulla un caso se ormai da 5 anni lavoro in Romagna. Ma di più importante del lavoro c’è la vita: la mia prima “morosa” l’ho conosciuta in Romagna, la mia prima volta in macchina in autostrada l’ho fatta per raggiungerla, la mia prima sigaretta (ahimé) l’ho fumata in spiaggia a Riccione. La prima volta in Vespa, sempre da quelle parti. La prima volta a ballare, la prima volta a sognare, quasi ogni mia prima volta, è stata compiuta in Romagna. Per questo, posso dire che la Romagna è anche “mia”. E “ogni volta che la penso, vorrei tornare”…
CESARE CREMONINI
Ho ascoltato “Romagna mia” ad Hong Kong, a Pechino, a Manila, a Bangkok, a Singapore, a Los Angeles, in ogni località del Canada ed Europa. Affermare che è più conosciuta dell’Inno di Mameli non stupisce più nessuno. Ascoltarla lontano dalla nostra Italia intenerisce il core di dantesca memoria anche se non è l’ora che volge al desio.
ON. STELIO DE CAROLIS
“Romagna mia” non è solo una canzone: potrei definirla una semplice, ma profonda espressione di un modo di essere che va al di là dell’essenza romagnola che essa contiene. È l’espressione di un modo di vivere in positivo tutte le sfumature della vita, anche quelle meno allegre come la nostalgia, ed esprime allo stesso tempo un valore imprescindibile per vivere serenemente la propria vita, vale a dire il legame forte con la proprie origini. Per cui, non si può considerare semplicemente e superficialmente quella che sembra solo una canzoncina popolare, perchè ogni qualvolta si sentono le prime note, si sprigiona tanta, ma tanta abbondanza di sentimenti, che mi viene solo da dire: bravo Secondo Casadei!
FIORELLO
Ci sono canzoni che si fa fatica a pensarle “composte” da qualcuno in carne ed ossa. Sembra che siano lì da sempre come un panorama, come il colore dei fiori, come una maniera di baciare, come un modo di dire. “Romagna mia” è una di quelle rare canzoni e a me, che non sono un romagnolo, mi è sempre piaciuta tanto da farmi identificare in quel “mia” anche se io in Romagna ci ho messo piede per la prima volta a vent’anni (e poi però ci sono sempre tornato e ci ho vissuto anche un lungo periodo).
Che c’entro io con “Romagna mia”? Anche io mi faccio questa domanda ma trovo subito la risposta: “Romagna mia” è un capolavoro di canzone e io, in un’altra epoca, con altri mezzi e anche una diversa storia personale, faccio canzoni, e vorrei, nella mia vita, scriverne una con un po’ di quella potenza, di quella grazia e di quella qualità. Uno dei più grandi poeti autori di canzoni del secolo scorso, un brasiliano (praticamente un romagnolo d’America), Vinicius De Moraes, ha scritto un testo manifesto che in due strofe spiega cos’è il samba. Ecco, queste parole potrebbero essere benissimo adattate al “liscio” e in particolare alla sua canzone più grande (che come tutte le grandi canzoni superano il tempo e i generi), che per me è proprio la bella “Romagna mia”:
meglio essere allegro che essere triste / allegria è la miglior cosa che esiste / è così come un sole dentro al cuore / ma se vuoi dare a un samba la bellezza / hai bisogno di un poco di tristezza / se no, non è bello un samba, no
È quel filo di malinconia che percorre questa canzone di Secondo Casadei a renderla magica, perché le canzoni esplodono nel cuore della gente quando riescono ad aprire un sipario sui sentimenti più duri e più radicati e quando riescono a trasformare un luogo in tutti i luoghi. La Romagna di questa canzone è il mondo da cui tutti veniamo, la pancia di una mamma, e dove in certi momenti ti viene proprio la voglia di tornare.
JOVANOTTI
In un giorno di festa, Don Pierino, sollecitò il Vescovo di Terni a cantare “Romagna mia”. Davanti a qualche centinaio di persone il Vescovo cantò. Ho ancora negli occhi e nelle orecchie la scena degli applausi.
MOGOL
“Romagna mia” mi riporta ad un mio concerto in Giappone, in cui il pubblico era un po’ freddino e non riuscivo a coinvolgerlo; ad un certo punto ho pensato di presentare qualcosa dal sapore molto italiano, di tradizionale, ed ho iniziato a cantare “Romagna mia”: finalmente ho visto i sorrisi e ho sentito gli applausi ed il calore della gente.
È una canzone che simboleggia la nostalgia per l’italianità ed esprime l’universalità dei sentimenti. In qualsiasi parte del mondo ti trovi, cantata da chiunque, hai la sensazione di tornare a casa. nella sua semplicità e nella sua immediatezza ha in sé una grande forza, perché le cose semplici sono le più difficile da fare.
GIANNI MORANDI
Romagna mia, bella canzone di Secondo Casadei, è la Testimonianza dell’espressione d’amore per la propria Terra del suo prolifico autore.
ENNIO MORRICONE
Proprio nel marzo del 1954, l’anno di nascita di “Romagna mia”, debuttavo ufficialmente in Rai a Roma, in quella che fu la prima trasmissione radiofonica a quiz condotta da un altro debuttante, un certo Mike Bongiorno, con la collaborazione di Isa Bellini, Lelio Luttazzi, Paolo Bacilieri, Nilla Pizzi, Jula De Palma. Qualche tempo prima, in una balera dove suonava Secondo Casadei ebbi l’occasione di salire sul palco e cantare. Alla fine dell’esibizione, mi disse: “Hai una bella voce, sei molto intonato e sei dotato di una notevole musicalità. Sono sicuro che farai una bella carriera e sentiremo parlare di te molto presto”. Ed infatti è stato un buon profeta. Più tardi nelle mie tournée all’estero, specialmente Nord, Centro e Sud America, quando incontravo un pubblico prevalentemente di origine italiana, gli facevo omaggio di “Romagna mia”, canzone della mia terra. Con mia grande sorpresa tutti la conoscevano e la cantavano in coro assieme a me. Il successo era garantito!
EMILIO PERICOLI
Ho iniziato la mia carriera di giornalista, autore e presentatore radio-televisivo proprio in Romagna; a questa magica e stupenda regione, unica nel suo genere, devo emozioni indimenticabili e i miei ricordi più belli. E già allora (anche se gli anni sono passati e… purtroppo sono tanti!) la colonna sonora di tante serate, tanti spettacoli, tante belle giornate di lavoro o di vacanza, era “Romagna mia”. È così che mi è entrata nel sangue!!! Ho scelto spesso le sue note come sottofondo ai miei programmi radiofonici, quando desideravo ricreare le atmosfere festose o romantiche di una regione che ho sempre amato. Ma poi quante volte, in giro per il mondo, ecco la piacevole sorpresa di ascoltare “Romagna mia” inserita in colonne sonore di trasmissioni o nel repertorio di complessi ed interpretata nelle lingue più disparate! Ed ogni volta era, lo giuro, un tuffo al cuore. Quasi come fosse “Fratelli d’Italia”.
E anche se le parole erano tradotte o storpiate in un italiano balordo, io, da solo, a voce bassa, (per non sembrare matto) concludevo: “Romagna, Romagna mia, lontan da te non si può star”.
DANIELE PIOMBI
Stavo passeggiando, dopo un concerto, per le strade ormai quasi mute nella notte di Francoforte. Straniero in un paese straniero, mi sentivo un po’ come un emigrante italiano del dopoguerra. Ad un tratto sentii provenire da un piccolo locale sulle rive del Reno il canto di un gruppo di persone che intonavano una canzone che mi sembrava di conoscere. Più mi avvicinavo e più mi sentivo a mio agio, come se stessi camminando verso la mia terra. Spalancai la porta del locale e il coro di voci mi investì: “Romagna mia, Romagna in fiore…”. Ero proprio tornato a casa!
RON
Questa è una canzone singolare: quando il Papa arrivò a Forlì, dopo che l’ebbe ascoltata, ovunque diceva: “Cantate “Romagna mia””. Addirittura, al suo ritorno a Roma, il Cardinal Casaroli mi telefonò chiedendomi: “Cosa avete fatto al Papa, che non fa altro che cantare “Romagna mia”?”. Un altro ricordo è che in un’occasione, proprio davanti a Giovanni Paolo II, in compagnia anche di Sergio Zavoli, quando lui accennò che era nato a Ravenna e vissuto a Rimini, il Santo Padre disse: “Lo sa che ogni tanto canto “Romagna mia”?”. È una delle canzoni più note, che porta dentro di sé una nostalgia che fa vibrare l’aria, ti trasporta nel ricordo dell’aria in cui sei nato, sei cresciuto. Ha la capacità di risvegliare i ricordi più autentici. È diventata un segno di ricoscimento per l’etnia della Romagna, perché solo in questa terra c’è questo legame molto forte, questo senso comune della romagnolità, un istinto profondo della socialità.
CARDINALE ERSILIO TONINI
“…Vi dirò innanzitutto che mi colpisce e mi rallegra il fatto che, dopo gli incontri nelle singole città, mi ritrovo ora dinnanzi a gente di tutta la Romagna. So che siete orgogliosi di essere romagnoli, e a me premeva salutarvi come tali, come figli della terra di Romagna, come “Romagna mia”…”
DA UN DISCORSO DI PAPA GIOVANNI PAOLO II AI GIOVANI DI ROMAGNA